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Vengo da una famiglia di sarti.
La mia storia inizia molto prima di matite e pennelli: tra fili, tessuti, carta modelli e forbici affilate che facevano tac-tac sul tavolo della sartoria dei miei nonni.
Cucivano abiti su misura, pezzi unici, e in casa il carnevale durava un anno...
Carnevale era un evento serio: costumi cuciti a mano, pietre preziose da scenografia ovunque, tessuti che sembravano arrivare da ogni parte del mondo.
E poi — sì — costumi anche per un famoso parco divertimenti.
C’era magia ovunque, e io ero dentro quel mondo come un piccolo apprendista stregone dell'ago e filo. Ovvio che il mio vestito di carnevale era sempre pazzesco !
Subito dopo, c’è una foto di mio fratello.
Non ha alcun senso inserirla qui, ma ogni occasione è buona per metterlo in imbarazzo.
Diciamo che è un contributo artistico… emotivo.
Grazie per la collaborazione, fratellino.

C’è una canzone che, da bambino, potevo ascoltare quaranta volte di fila senza battere ciglio: Attenti al lupo di Lucio Dalla.
La mettevamo in macchina e per me non esisteva alternativa: o quella, o niente.
Forse era già lì la mia firma — testardo, sensibile, e con la testa piena di immagini da raccontare.
Sono sempre stato quello che disegnava ovunque.
Non sui muri (non volevo farmi sequestrare i pennarelli), ma sotto i cuscini del divano.
Quando anni dopo li hanno sollevati e hanno scoperto la galleria segreta… la reazione è stata, diciamo, emotiva.
Io però lo sapevo: le storie dovevano uscire.

Dopo la scuola alberghiera — dove sì, cucinavo, ma in realtà pensavo più al disegno che alla mise en place — ho finalmente ascoltato quella voce dentro.
Quella che diceva: vai dove senti vibrare il cuore, non dove vibra il coltello da chef.
Così sono entrato allo IED – Istituto Europeo di Design.
Un mondo dove la creatività diventava realtà, non solo un sogno nascosto nei cuscini del divano.
Finito lo IED, ho iniziato a lavorare per agenzie, persone, piccoli brand.
Illustrazioni, grafiche, progetti su misura.
E ogni volta sentivo crescere quella cosa lì, quel tarlo luminoso:
“voglio costruire il mio mondo, non solo disegnare quello degli altri.”
Il 29 ottobre 2010 nasce Fritlex.
Non con la camera d’aria, quella arriverà dopo — come certi amori che ti cambiano la vita a metà strada.
All'inizio c’erano pennelli, stoffe vintage, sogni e caffeina.
Un gradino alla volta, sempre con la filosofia di chi non corre: crea, migliora, riprova.
E poi ci sono le radici.
La mia storia inizia molto prima di me, nel laboratorio dei miei nonni.
Erano sarti, di quelli veri: carta modello che fruscia, gesso sulle dita, macchina da cucire che canta tutto il giorno.
Facevano abiti su misura, pezzi unici, e ogni filo aveva un motivo di esistere.
Crescevo tra rocchetti, tessuti appesi, forbici lucide, e quella bellezza semplice che profuma di casa.
Mia nonna e mio nonno hanno passato l’arte alle mani di mia mamma, che l’ha trasformata in una sartoria viva, piena di stoffe, risate e idee.
E io guardavo tutto con gli occhi spalancati.
Era magia pura.
Oggi Fritlex è un atelier artigiano moderno, indipendente, leggermente folle.
Cuciamo tutto noi, qui, senza delegare anima né mani a nessuno.
Spesso lavoro con mia nonna accanto che mi tiene compagnia e mi ricorda — sempre — di mangiare.
Mia mamma spunta, controlla le cuciture, scuote la testa quando provo a fare “a modo mio” e poi sorride quando vede cos'è diventato.

Ogni borsa che nasce porta dentro un pezzo di noi.
Non è un modo di dire: è così davvero.
Non abbiamo produzione esterna.
Abbiamo storia, pazienza, famiglia, e quell’ostinazione che nasce solo quando fai le cose con amore e non per moda.
E sì, oggi che ho quarant’anni, sono ancora quel bambino.
Quello che si ostina, che sogna, e che ascolterebbe Attenti al lupo ancora in loop, magari mentre scuoio una camera d’aria per trasformarla in qualcosa di bello.
Un po’ più grande, certo. Ma non meno testardo, e sicuramente non meno innamorato della magia che nasce dalle mani.

Se stai iniziando un progetto tuo, un sogno fragile, tienilo stretto.
Proteggilo quando nessuno ci crede, lavoraci anche quando sembra non andare da nessuna parte.
Non lo dico per motivarti: lo dico perché l’ho vissuto.
Le cose nate dal sacrificio e dalla passione cambiano la vita per davvero.
Fritlex non è un brand.
È una storia di famiglia, fantasia e testardaggine.
È un invito a credere nelle mani, nella lentezza, nelle imperfezioni che fanno verità.
È un piccolo laboratorio dove si costruisce futuro cucendo passato e sogno insieme.
Se sei qui, grazie.
Spero che tu possa sentirti a casa.
E magari ritrovare un pezzetto del tuo sogno dentro al mio.
Alex
